Epicentrismo

“Come uno che scoreggia e poi dice non sono stato io. Ma che vor dì?”

Il commento (tutto in francese!) è di una collega che si lascia andare ad un resoconto –l’ennesimo- sugli effetti che il terremoto di ieri ha provocato alle menti geniali di chi -parafrasando un vecchio detto- non ha taciuto ed ha finito per confermare la propria stupidità, sino poi ad elaborare qualche goffo tentativo di ricalibrazione del tiro.

“L’amatriciana è stata inventata ad Amatrice? Allora è il karma”- ha affermato su Facebook la vegana Daniela Martani, evidentemente preoccupata per gli abusi di guanciale. Poi dopo il peto-post, ha precisato di non aver emesso lei quel messaggio lezzoso. “Mi hanno hackerato l’account”- ha detto. Certo, come no!

Altro esempio di genialità è Dino Giarrusso, iena di Italia1 che a poche ore dal sisma ha ironizzato sulla sconfitta della Roma: “Ma è stata una scossa di terremoto o il quarto gol del Porto?”. D’accordo, ha voluto fare una battuta e probabilmente non aveva ancora percepito la gravità della situazione, ma le repliche degli utenti non si sono fatte attendere e non sono state per niente indulgenti. Ne è seguita una cancellazione del post. Nel suo caso non è stata rilevata la presenza di hacker. Per fortuna aggiungerei.

A far compagnia a questi buontemponi, che per forza devono dire (o fare) qualcosa a rischio di rimetterci la faccia, ci sono tre categorie di presenzialisti degli eventi: i primi sono i feticisti del calcinaccio, rappresentati dall’ormai famoso selfie di Simone Coccia Colaiuta, compagno della sen. Stefania Pezzopane, la quale -orgogliosa del suo toy boy- ha prima condiviso la sua foto e poi l’ha rimossa.

I secondi sono gli esperti comportamentali, come la giornalista Federica Torti, che –con l’intenzione di dimostrare come posizionarsi in caso di terremoto- si è sparata una posa plastica poi caricata dritta dritta sul web.

epicentrismo

I terzi, ultimi, ma non ultimi per importanza sono i cronisti di assalto, che “come si sente?”. “Dove dormirete stanotte?”. “Cosa prova?”. E non aggiungo altro.

Oltre alle case, le scosse dell’altra notte hanno scoperchiato molti vasi di pandora. Siamo un Paese impreparato, superficiale, spesso inopportuno.

Poi è vero, siamo anche il Paese solidale, che non si risparmia, che fa le file per donare il sangue, che scava a mani nude, che vuole donare i soldi del superenalotto, che si commuove per le parole di un sindaco disarcionato dalla sella, mentre cavalcava vero il futuro che aveva pianificato per la sua città.

Ma siamo anche quelli che “adesso fuori gli immigrati dagli hotel, mettiamoci i terremotati”. Perle servite sul piatto d’argento a chi ha la facoltà di fungere da megafono delle comunità, come il parroco di Boissano (Savona) don Cesare Donati, che ha affermato: “Adesso è il momento, vista la tragedia del terremoto, di mettere gli sfollati nelle strutture e i migranti sotto le tende… Vedremo”.

Siamo il paese che a Porta a Porta, di fronte a 250 morti appena estratti dalle macerie, parla di ricostruzione come volano per l’economia italiana, con un Vespa che definisce il terremoto un evento “diabolico”, ma “straordinario” al tempo stesso, che dà sempre l’opportunità di raccontare belle storie.

Del resto, per ognuno è importante stare al centro. Specie quando l’epicentro è degli altri.