Gli applausi dei coglioni

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Il discorso del Re Giorgio non poteva essere migliore del giuramento di oggi pomeriggio.

È stata una strigliata ai partiti, alla logica politica di questi ultimi venti anni. Un richiamo al pragmatismo e all’unione rivolto a chi ha “imperdonabilmente” dimenticato che il Paese aveva bisogno di riforme. Di questo evento storico hanno colpito gli applausi scroscianti del parlamento, come se chi batteva le mani non si rendesse conto che quelle stesse accuse mosse dal Capo dello Stato erano indirizzate proprio a loro. “Quest’ultimo richiamo”, ha detto Napolitano. “e questi applausi che sento non inducano ad alcuna auto indulgenza”.

Colpisce anche il non applauso dei parlamentari a cinque stelle, che non hanno sottolineato nessun passaggio del discorso. Impressiona perché sono loro i primi a dire che con i partiti non hanno niente a che fare, eppure quelle parole tanto nobili pronunciate dal Presidente li hanno lasciati – almeno apparentemente- indifferenti.

È un Paese strano questo in cui se cercano di incoraggiare i princìpi per cui vivi fai il muso lungo e incroci le braccia; se ti dicono coglione fioccano gli applausi.

Il riposo del guerriero

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Due volte presidente. È la prima volta nella storia. Ma sorge una domanda forse banale: può un uomo di 88 anni guidare ancora una nazione?  Per quanto elevata possa essere la saggezza di Re Giorgio, è evidente che la sua veneranda età debba fare i conti con adempimenti istituzionali che poco si conformano a chi ha le spalle cariche del peso di una vita intera.

Saggezza e peso politico -siam d’accordo- sono requisiti indispensabili per fare il Capo dello Stato, ma non è pensabile un altro settennato per Napolitano.

Non che debba andare a fare il nonno (come consigliano gli sprezzanti e giovani spacconi grillini) ma -una volta formato il governo- si goda per davvero il meritato riposo. 

Italia inciucio comune

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“L’Italia bene Comune”. Così disse il Pd campagna elettorale. Uno slogan che a posteriori – dato l’esito delle elezioni- risulta quantomeno sfortunato. Di certo visti gli ultimi abbracci e gli accordi tra Bersani e Alfano/Berlusconi  sarebbe molto più corretto dire: “Italia inciucio comune”.

Proprio in queste ore ­- con la candidatura di Franco Marini concordata col Pdl- il Partito democratico si incenerisce, demolisce ciò che ha costruito e svela la sua vera identità fatta di vecchi politici dalle vecchie ideologie.  E questo –in un clima di totale rinnovamento- stona, decisamente.

Per intenderci- non che il costituzionalista Stefano Rodotà sia tanto più giovane di Marini, ma le idee che camminano sulla sua testa bianca sono più vicine a chi quel rinnovamento lo pretende con forza.   

L’elezione del  Presidente della Repubblica porta con sé diversi significanti, dei messaggi non detti, ma oggi più che mai è molto facile interpretarli. Il Pd non è pronto, altro che Italia Bene comune.

Si va in ritiro

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Il Movimento 5 stelle è in trincea. Fa il ritiro come una grande squadra di calcio in una zona della campagna romana, occupa i banchi della camera, non parla con la stampa o se ci parla lo fa senza altri interlocutori. La loro grande rivoluzione politica nasconde però una sorta di debolezza, o se preferite di insicurezza.

Il ritiro, le squadre di calcio lo fanno quando la domenica prima hanno perso e devono ritrovare compattezza e motivazione. Il Movimento -per quanto eccitato- ha bisogno di ritrovare il brio perso sotto il torchio dei giornalisti e dei dissidenti interni.

Colpisce la foto scattata al Senatore Crimi durante un pisolino in treno. Il Capogruppo di Palazzo Madama è stato criticato per aver viaggiato in prima classe su frecciarossa. Come biasimarlo? Stanco com’è, si prende- giustamente- cura di sé. Non ci sarebbe niente di male infatti nel riposare in un treno di lusso e in prima classe, a maggior ragione se si è Senatori della Repubblica Italiana. Ma le critiche che gli si muovono contro si basano sul fatto che il Movimento 5 stelle è anche No Tav.

Ah…ecco. Si attende un altro ritiro. Almeno lì si viaggerà  in autobus.