Angelino ma che Kazakistan fai?

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Continuavano a gridarmi in italiano. Non capivo esattamente cosa dicessero. L’unica cosa che ho potuto distinguere in questa serie di offese fu Puttana russa”. E’ quanto scrive Alma Shalabayeva in un documento pubblicato dal Financial Times in cui racconta cosa accadde la sera del blitz nella villa di Casal Palocco.

Per chi si fosse perso la vicenda i fatti sono questi: “Alma Shalabayeva, una donna di quarantasei anni, moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov, si allontana dal marito – rifugiato in Gran Bretagna- insieme alla figlia Alua di 6 anni per trasferirsi in Italia. Lo scorso 28 e 29 maggio, gli agenti della Squadra Mobile le fanno portare via dalla villa di Casal Palocco (Roma) in cui abitavano e ne hanno disposto il rimpatrio. La regione della decisione nel fatto che il passaporto diplomatico della donna, emesso dalla Repubblica Centrafricana, fosse ritenuto falso.

La cosa strana è che non si capisce bene chi ha ordinato il rimpatrio e nemmeno le ragioni della messa in atto di quella che viene descritta dalla donna kazaka come una vera scena da panico: “ Erano 30-35 persone più una ventina all’esterno. Erano vestiti di nero. Alcuni di loro avevano catene d’oro al collo, molti avevano la barba, uno una capigliatura punk con una cresta”. Tra loro anche “una donna, di circa 30 anni, che mi ha accompagnato dovunque andassi nella casa. “Non avevano nessun segno esterno da cui si potesse capire che erano poliziotti e militari. Ma tutti avevano delle pistole e parlavano tra loro in italiano”.

Ora per questo incidente si scagliano tutti sul povero Alfano (Ministro dell’Interno) perché in effetti è strano che succedano cose del genere e nessuno gli abbia comunicato un fico secco. Molti chiedono le sue dimissioni e in un Paese normale sarebbero arrivate dopo due ore data la sua carica, ma qui  le cosesi dimenticano facilmente, si punta tutto su altro, su qualcosa che sia più affine alla natura selvaggia della jungla italiana: Calderoli vs Kyenge. Il Porcellum contro l’ Orango (cit.) .

P.s. Alfano non sapeva nemmeno di questo?

Il porcello che dice brutto all’orango

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“Vedo la Kyenge e penso a un orango”. Così ha detto Calderoli, il provocatore della Lega Nord passato alla storia per il “porcellum”, la legge elettorale di cui è l’autore. E a furia di provocazioni Calderoli si è guadagnato uno spazio privilegiato nel trash della politica italiana. Si pensi alle campagne anti islam per le quali sfoggiò una t-shirt che derideva Maometto ed inventò il maiale-day (le cui carni sono cibo proibito dal Corano).

Si diverte Calderoli e dà voce a qualsiasi cosa gli passi per la testa. Ha avuto da ridire anche sul nome di Papa Benedetto XVI, perché: “avrei preferito si chiamasse Crautus I”. E poi -come un vero sceriffo- giù a chiedere la pena di morte, la castrazione chimica, a lanciare taglie per i delinquenti. Calderoli è anche quello che riferendosi a Rula Jebreal, giornalista palestinese di La7 , la definì “abbronzata” (Berlusconi docet).

Ad infoltire il bizzarro portfolio di Calderoli fu la notizia del possesso di una tigre, data poi via “perché aveva mangiato un cane”. Ora al posto della tigre ci sono due lupi (dai quali lo stesso Calderoli è rimasto ferito ad un polpaccio). Ecco, una persona di questo calibro, in un Paese come l’Italia fa il Vicepresidente del Senato. Non bisogna di certo prendersela con lui. Se è arrivato dove è arrivato significa infatti che qualcuno l’ha votato. E se qualcuno ha pensato di accordargli la fiducia affinché potesse fare le veci della seconda carica dello Stato allora c’è seriamente qualcosa che non va. L’Italia merita di meglio.