Il carrozzone

 

Indiscrezioni provenienti dai cantieri del Carnevale di Viareggio fanno sapere che Renzi si è guadagnato un posto tra i famosi carri allegorici della città toscana. D’altronde ora è un vero big.

Di strada ne ha fatta Renzi, ha avuto la pazienza di aspettare sulla rive del suo fiume i cadaveri dei suoi nemici passare. Ed ora è il suo turno. Non si discute. Il Sindaco di Firenze però sta commettendo degli errori di cui forse non si rende conto. Dal “Fassina chi”? all’incontro con Berlusconi dell’altro giorno sulla legge elettorale.

Questo incontro non avrebbe mai dovuto esserci. In passato ad Arcore con il Cavaliere c’era già stato, ma Renzi all’epoca era in piena scalata, e Berlusconi ricopriva la carica di Premier. Quello sì che era -per quanto la sinistra protestasse- un incontro giusto (o giustificato). Ma adesso Renzi -che con ogni probabilità succederà a Letta per Palazzo Chigi- è andato a trattare una questione che riguarda la rappresentatività  degli italiani con un condannato che aspetta i servizi sociali. Non va bene.

Si capisce bene che Renzi con questa mossa abbia voluto ben apparire agli occhi degli elettori di Forza Italia. Ed è pur vero che per vincere elezioni servono i voti. Ma i voti si perdono anche e si fa presto poi a consolarsi tra il carrozzone della politica al Carnevale di Viareggio.

Renzi non sia la deriva di sé stesso

 

Malgrado una discreta resistenza il Governo Letta è destinato a decadere entro breve. E’ un processo del tutto naturale dal quale i non leader non possono scampare.

L’attuale Presidente del Consiglio ci ha provato con la sua mitezza a tenere il timone, ma l’Italia è una nave troppo pesante da governare, ha bisogno di braccia forti per essere sostenuta e di forte questo governo ha ben poco, poiché la maggioranza di cui gode viene dai soli rappresentanti politici del Paese, non dal Paese stesso.

L’Italia ha bisogno di un leader. Uno vero,  come è stato ad esempio Silvio Berlusconi (ma il Cielo scansi da noi un suo ritorno in forme originali o riprodotte in chissà quale reincarnazione). Un leader alla Bergoglio, uno che riesca a vivere della sua funzione sociale e non per ciò che è nella vita privata.

Matteo Renzi potrebbe essere la persona giusta. Non è un santo, certo (è condannato in primo grado per danno erariale), ma in questo momento è un numero uno. Un politico che ha muscoli a sufficienza per virare nella giusta direzione e per radunare un largo equipaggio attorno a sé e portare la nave in acque calme.

Ma c’è un rischio, che per certi versi trova le sue origini nello sberleffo offerto a Fassina con quel “Fassina chi?” di una settimana fa. Il rischio di passare da leader acclamato a leader temuto.

Non è difficile immaginare infatti che -in un futuro non troppo lontano, quando Renzi sarà Premier- i suoi contestatori si guardino bene dal manifestare il proprio dissenso verso di lui per timore di essere liquidati alla stregua dell’ormai ex viceministro dell’economia.

Renzi non deve permettere questo. In democrazia il confronto e il rispetto sono le basi per qualsiasi tipo di azione. Che sia un grande leader e non la deriva di sé stesso, tanto meno della nave che si appresta a governare.

Fassina chi?

 

Non avrebbe potuto fare di peggio Renzi con quel “Fassina chi?”.

E’ stata una frasetta da miserabile. E Fassina ha fatto bene a dimettersi da viceministro.

Non avrebbe potuto fare di peggio Renzi, perché una frase del genere non si giustifica nemmeno in nome di quella “rottamazione” tanto acclamata. Fassina infatti è su per giù suo coetaneo, non di certo un dinosauro della politica da mandare in pensione.

Non avrebbe potuto fare di peggio Renzi perché Adesso(!) non è soltanto il sindaco di Firenze, ma anche segretario di uno dei più importanti partiti italiani.

Oltre a rivedere il suo cattivo gusto (che in fondo dimostra il suo spessore politico), Renzie dovrebbe ricordarsi che l’arroganza scagliata contro un’idea di un altro, non s’accorda molto bene con il partito che guida, Partito…democratico, per l’appunto.

Adesso (?)

 

Insomma, alla fine ce l’ha fatta. Renzi è divenuto il nuovo segretario del Partito Democratico. Tra non molto diventerà premier e questo noi (elettori) lo sappiamo. Ma lo sa bene anche lui, che -consapevole del suo consenso- non vuole mettere fretta a nessuno e dice: “sosterremo ancora il governo Letta”.

Di tutto si può dire su Matteo Renzi tranne che non sappia aspettare. Stava lì dietro l’angolo da tempo, in disparte a commentare gli errori di altri con la veste da moralizzatore della politica e alla fine te lo vedi spuntare al posto giusto e sempre con le parole giuste.

Di parole giuste se ne dicono tante (in politica poi..) ma adesso il sindaco di Firenze dovrà dimostrare di saper fare davvero qualcosa. I presupposti ci sono tutti. Anche se non è lo stinco di santo che vuole far credere (ha una condanna in primo grado per danno erariale ed ha prosciugato molti soldi della Proivincia di Firenze per spese discutibili) potrebbe essere lui la persona adatta a guidare il Paese.

Lo è per il semplice fatto di avere buone idee e di godere di un largo appoggio elettorale: da una parte la sinistra che voterà sempre e comunque per il Pd e dall’altra i delusi della destra, che vedono in lui il nuovo Berlusconi (questi senza un riferimento che riecheggi il volto o il nome del Cavaliere non ci vanno nemmeno a votare).

Renzi potrebbe essere  la risposta alla generazione di quarantenni piagnucoloni che hanno contribuito a rendere il Paese peggiore, o la risposta alla sinistra radical chic che si riempie la bocca con filosofi e le mani di aria fritta.

Ma quello che dovrebbe essere realmente Renzi ora, è la risposta a questo ventennio (e forse di più) di fanta politica. Adesso -come recitava il suo slogan- è tempo di fare.

Quando bisogna fare gli uomini

 

Siamo abituati sin da piccoli a fumare di nascosto, a sbirciare dal buco della serratura, a fare filone a scuola.

E’ un’attitudine -quella della trasgressione- che ci portiamo avanti per tutta la vita. Chi non trasgredisce alla fine è un po’ represso e finisce per fare danni a sé stesso e agli altri. E’ ovvio allora che a trasgredire -in diversa misura- trasgrediamo tutti.

La trasgressione si sa, è causa di danno: se tradisco la mia compagna lei sarà ferita, viceversa lo sarei io. Ciononostante  la trasgressione non la puoi fermare (a meno che la vita che hai ti appaghi in tutto e per tutto). E se fumare una sigaretta a dodici anni è tutto sommato una cosa innocua, diverso è se ti ritrovi ad essere il regista di un sistema prostitutivo chiamato “Bunga Bunga” mentre fai il Presidente del Consiglio. Così è stato per Silvio Berlusconi.

Lui dopo essere stato condannato a sette anni dalla quarta sezione penale di Milano per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile si dice ” ferito come uomo e come politico”.

Ora, che Berlsuconi fosse infelice questo l’abbiamo capito. Per questo -da uomo- lo si deve comprendere, persino giustificare.

Come politico, forse non è mai valso più di una cippa.

Forse adesso è tardi per recuperare, ma per una volta il Cavaliere, smetta di fare il politico e faccia l’uomo. Nessuno gli verrà a fare la morale.

M5S is not the winner

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“Al-Fini is not the winner”. Di tutta la giornata di oggi, in cui sono state fatte più retromarce che in un parcheggio a labirinto, è questa l’estrema frase-sintesi di ciò che è la politica italiana.

A pronunciarla è stata una signora del bon ton, l’On. Alessandra Mussolini. Voleva dire: “E’ inutile che Alfano fa il figo alzando la cresta, perché gliela facciamo abbassare noi (dove “noi” sta per i fedeli a Silvio Berlusconi).

Per chi non avesse colto la finezza storico-politica, Alfano è stato paragonato a Fini (ve lo ricordate Fini?) che abbandonò Silvio perché aveva idee diverse dalle sue. Inutile dire che la sua carriera politica ebbe fine.

Da qui una considerazione: va bene attaccare chi -appartenendo ad un partito diverso- ha idee differenti dalle proprie, fa parte della politica. Ma evidentemente ci dev’essere un’attitudine -piuttosto diffusa nei Palazzi del potere di Roma- a denigrare l’alleato che cambia direzione, come se tutti dovessero seguire non un’ideologia politica, ma un dogma religioso.

Anche oggi al Senato un episodio che rende bene l’idea. La Senatrice Paola de Pin ha deciso in mattinata di accordare la fiducia al Governo Letta. Risultato? L’hanno minacciata con queste parole: “Ti aspettiamo fuori”.

Per chi non lo sapesse la de Pin è una Senatrice del Movimento Cinque Stelle. Sì, sì, proprio loro, quelli del cambiamento.

Restitution day

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Ora saranno quel che saranno. Sul loro conto ne hanno dette di tutti i colori e spesso ci hanno azzeccato. Che il Movimento 5 stelle sia un fenomeno ancora da inquadrare e che abbia al suo interno molte contraddizioni di fondo questo è certo. Ai grillini però va dato atto dell’ultimo eclatante gesto civico. Non chiamiamolo populismo, né bisogna dire che una goccia in mezzo al mare non fa la differenza. La restituzione allo Stato di 1 milione 569 mila euro e rotti è un bell’esempio. Punto. Non si può dire il contrario. NOn lo può dire nessuno perché non esiste alcun pulpito politico dal quale possano provenire giudizi negativi. Anche perché al Pd un certo Lusi i soldi li rubava e Renzi li sperpera a suo piacimento. A destra Berlusconi ci ha comprato amici e parlamentari (so che lo state pensando, ma per le puttane ha usato soldi suoi). 

Detto questo non sarebbe bello (oltre che d’obbligo) se per una volta si cominciassero a guardare le cose buone? A seguire le scie positive per il Paese? 

 

Silvio, un uomo solo

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Dopo la (ennesima) condanna del Cavaliere (stavolta) per concussione  e prostituzione minorile c’è da fare una riflessione non tanto su Berlusconi politico, quanto su Berlusconi uomo (anche se le due cose non dovrebbero essere scindibili).

È necessario premettere che se ha sbagliato è giusto che paghi. Non ci sono altre possibilità per la legge.  Quello però su cui bisogna soffermarsi è l’immagine di una persona in costante salita che ora non può far altro che cascare giù a ruzzoloni.

Cosa spinge una persona ad andare oltre? Ad osare, a prendersi certi rischi contra legem? Il potere? Forse. L’incoscienza? Può essere. Probabilmente però si tratta di qualcosa di più celato. La solitudine.

Silvio Berlusconi è un uomo solo. Non sono mai bastati i collaboratori, i colleghi politici, gli elettori, i giocatori del Milan, i suoi dipendenti,  gli splendidi figli le mogli (che pure in qualche modo gli avranno voluto bene). Silvio forse s’è sempre sentito solo. Insicuro. Inetto. Nel segreto, certo, non ci piove. Ma ha voluto dimostrare a tutti (e secondo molti c’è riuscito) di essere un grand’uomo, sicuro di sé, spavaldo ed invincibile. In tanti gli hanno creduto dall’inizio, e lui è andato avanti, come un tossicodipendente con l’eroina: difficile uscire dal giro.

Ha voluto donne giovani compromettendo il suo potere, si è rifatto faccia e capelli per apparire più giovane, ha corrotto per avere più soldi necessari a comprare dosi sempre più consistenti di quella droga che l’ha fatto entrare nel giro.

Se potesse tornare indietro –come qualsiasi tossicodipendente- non rifarebbe questa vita: al diavolo il potere, la figa e il chirurgo plastico. Sarebbe calvo ma contento o forse sarebbe in mezzo ai sindacati a protestare per il mancato finanziamento per la sua piccola impresa locale. Sì, sarebbe anche lui coinvolto dalla crisi, ma insieme alla sua famiglia, con dignità. La crisi economica ora non la paga di certo , ma ce n’è un’altra che  Berlusconi sconta comunque, quella interiore. Lo negherà, avrà sempre il suo sorriso a trentadue denti, ma è una maschera e il sipario ormai è chiuso.

Grillo: un’altra occasione sciupata

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Molti la chiamano la Terza Repubblica. Per altri non è altro che il proseguimento di una politica marcia e stantia che dura da oltre un ventennio. Certo è che l’unica vera novità a cui abbiamo assistito è stato l’affermarsi del Movimento 5 stelle. Un gruppo politico nuovo, composto da persone tanto normali da far pensare che qualcosa sia veramente cambiato non tanto nelle istituzioni in sé, quanto nelle coscienze degli italiani, che in tanti hanno accordato la propria fiducia ad un comico dalle buone idee.

Lo stesso comico che sta ora trasformando il suo gran debutto sul palcoscenico della politica in una misera recitazione estiva per uno spettacolo di provincia. Dopo aver scritto un copione magistrale impone agli attori che si rispettino per filo e per segno le battute e i tempi. Ma la politica -sebbene sia spesso finzione- è perlopiù un cantiere di idee che non possono sottostare alle rigide direzioni di un regista che -per dirla con la Senatrice Gambaro (invitata a lasciare il movimento per alcune sue dichiarazioni) – nemmeno conosce il suo campo d’azione di cui tanto (s)parla, il Parlamento.

Grillo è riuscito a dare una speranza vera alle persone che credono nella giustizia e nella democrazia, e -merito forse più grande- è stato quello di riuscire a fare da cuscinetto ad un sentimento di odio che -senza la sua discesa in campo- sarebbe inevitabilmente sfociato in violenza.

Ora però sembra che stia sciupando ogni sforzo fatto, non sa mettersi in discussione con chi ha idee divergenti: “o con me o contro di me” ,dice, come ha fatto per l’appunto con la Senatrice Gambaro ed altri del Movimento 5 stelle.

Si tolga la maschera del comico, faccia il politico se vuole stare in politica,perché a tenere due piedi in una scarpa sola non si fanno passi avanti, al massimo si rischia di cadere.