Mi sono fatto da solo

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Non sorprende lo show che Berlusconi ha fatto stasera su Rai1 a Porta a Porta. Una serata interamente dedicata a lui, con il solito Vespa che cerca di fare il giornalista incalzante per poi fungere da spalla al comico più esilarante della politica italiana.

Intanto, tra una risata ed un’altra, Berlusconi ci infila due o tre concetti chiave che aprono la strada per una campagna elettorale vincente.

1) La colpa è degli altri: Fini e Casini (che adesso si alleano insieme a Monti) sono dei traditori. “Se avessi avuto i 40 voti che Fini si è portato via non sarebbe caduto il mio governo”- ha detto. Qualcuno gli ricordi (e si ricordi) che quel governo in precedenza si salvò grazie a voltafaccia della stessa sostanza di Scillipoti. Altro nemico è Tremonti: “Mica è colpa mia se siamo caduti” dice il Cavaliere, “No, si figuri” dice Vespa, “mica è colpa sua, su questo siamo d’accordo”. Perciò dice Berlusconi: “Se vinciamo farò il Ministro dell’Economia, così avrò più poteri”.

2) Il Presidente del Consiglio non ha poteri: “Bisogna cambiare la Costituzione. Un Presidente non può fare niente in questo Paese”- continua a ripetere Berlusconi. E certo, lui ne ha avuti pochi di poteri, poverino. Uno qualunque, con i suoi capi d’accusa, sarebbe da anni al fresco, ma va béh, è bravura degli avvocati quella. I poteri di Berlusconi vanno al di là di ogni tribunale e di ogni indecente votazione con cui lo stesso parlamento italiano dichiara possibile che una  Ruby sia la nipote di Mubarak. Sa bene, Berlusconi, che quando ha voluto ha anche potuto, e l’ha fatto con i Decreti legge. Di per sé un decreto legge è un atto che il Governo ha potere di adottare “in casi straordinari di necessità e urgenza” . Ma nel caso del governo Pdl sono stati fatti decreti legge anche per riformare la Protezione Civile, i quali vertici -guarda caso- sono tutti finiti nei guai con la giustizia.

3) Mi sono fatto da solo: anche in questa campagna elettorale continua la teoria del self made man. Certamente quel vecchio volpone di Silvio a 76 anni può dire con soddisfazione di averne fatte di cose, ma -con totale inconsapevolezza- il Cavaliere tralascia il fatto che uno stato non è un’azienda, né una squadra di calcio. Col marketing e la pubblicità si illudono le persone e si va avanti felici, fino a quando poi però a ridere sono gli altri.

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