Ha fatto quello che poteva fare Marino. La sua coscienza gliene sarà grata così come i suoi elettori che in un’eventuale e probabile ricandidatura non mancheranno di rinnovargli la fiducia. Ma -come ho detto anche ieri- la battaglia che l’ormai ex sindaco aveva deciso di intraprendere (o forse soltanto di dichiarare) era troppo onerosa rispetto alle sue forze.
Apprezzabile è stato il tentativo di contrastare il vertice del suo partito che l’ha intenzionalmente accompagnato all’uscita. Detestabile dall’altro lato vedere una Roma tenuta in ostaggio da questioni tipiche dell’italietta di sempre: dagli scontrini non giustificati alle dispute interne a chi ce l’ha più grosso.
“Chi mi ha accoltellato -ha detto- ha 26 nomi e cognomi, ma un solo mandante”.
Sembrava Giulio Cesare, solo un filino più vittimista che se la prendeva con i suoi Bruto: ” Quoque vos consiglieri miei?!”. Come se rimarcare il suo martirio facesse di lui un eroe, o una vittima da compatire. Non è stata un’uscita di scena in grandeur, e poteva risparmiarsela, perché quando non hai i numeri non puoi dare sempre la colpa agli altri.
Se non riesci a governare forse la colpa è solo tua.
Forse.