Renzi non sia la deriva di sé stesso

 

Malgrado una discreta resistenza il Governo Letta è destinato a decadere entro breve. E’ un processo del tutto naturale dal quale i non leader non possono scampare.

L’attuale Presidente del Consiglio ci ha provato con la sua mitezza a tenere il timone, ma l’Italia è una nave troppo pesante da governare, ha bisogno di braccia forti per essere sostenuta e di forte questo governo ha ben poco, poiché la maggioranza di cui gode viene dai soli rappresentanti politici del Paese, non dal Paese stesso.

L’Italia ha bisogno di un leader. Uno vero,  come è stato ad esempio Silvio Berlusconi (ma il Cielo scansi da noi un suo ritorno in forme originali o riprodotte in chissà quale reincarnazione). Un leader alla Bergoglio, uno che riesca a vivere della sua funzione sociale e non per ciò che è nella vita privata.

Matteo Renzi potrebbe essere la persona giusta. Non è un santo, certo (è condannato in primo grado per danno erariale), ma in questo momento è un numero uno. Un politico che ha muscoli a sufficienza per virare nella giusta direzione e per radunare un largo equipaggio attorno a sé e portare la nave in acque calme.

Ma c’è un rischio, che per certi versi trova le sue origini nello sberleffo offerto a Fassina con quel “Fassina chi?” di una settimana fa. Il rischio di passare da leader acclamato a leader temuto.

Non è difficile immaginare infatti che -in un futuro non troppo lontano, quando Renzi sarà Premier- i suoi contestatori si guardino bene dal manifestare il proprio dissenso verso di lui per timore di essere liquidati alla stregua dell’ormai ex viceministro dell’economia.

Renzi non deve permettere questo. In democrazia il confronto e il rispetto sono le basi per qualsiasi tipo di azione. Che sia un grande leader e non la deriva di sé stesso, tanto meno della nave che si appresta a governare.

Adesso (?)

 

Insomma, alla fine ce l’ha fatta. Renzi è divenuto il nuovo segretario del Partito Democratico. Tra non molto diventerà premier e questo noi (elettori) lo sappiamo. Ma lo sa bene anche lui, che -consapevole del suo consenso- non vuole mettere fretta a nessuno e dice: “sosterremo ancora il governo Letta”.

Di tutto si può dire su Matteo Renzi tranne che non sappia aspettare. Stava lì dietro l’angolo da tempo, in disparte a commentare gli errori di altri con la veste da moralizzatore della politica e alla fine te lo vedi spuntare al posto giusto e sempre con le parole giuste.

Di parole giuste se ne dicono tante (in politica poi..) ma adesso il sindaco di Firenze dovrà dimostrare di saper fare davvero qualcosa. I presupposti ci sono tutti. Anche se non è lo stinco di santo che vuole far credere (ha una condanna in primo grado per danno erariale ed ha prosciugato molti soldi della Proivincia di Firenze per spese discutibili) potrebbe essere lui la persona adatta a guidare il Paese.

Lo è per il semplice fatto di avere buone idee e di godere di un largo appoggio elettorale: da una parte la sinistra che voterà sempre e comunque per il Pd e dall’altra i delusi della destra, che vedono in lui il nuovo Berlusconi (questi senza un riferimento che riecheggi il volto o il nome del Cavaliere non ci vanno nemmeno a votare).

Renzi potrebbe essere  la risposta alla generazione di quarantenni piagnucoloni che hanno contribuito a rendere il Paese peggiore, o la risposta alla sinistra radical chic che si riempie la bocca con filosofi e le mani di aria fritta.

Ma quello che dovrebbe essere realmente Renzi ora, è la risposta a questo ventennio (e forse di più) di fanta politica. Adesso -come recitava il suo slogan- è tempo di fare.

La prassi dei rottamatori

 

Eccolo qui. Il passaggio è qui davanti a noi. Ci si prepara ad una nuova discesa in campo che probabilmente arriverà formalmente nel 2014. Venti anni dopo il 1994. Allora era Silvio Berlusconi il nuovo. Adesso(!) è Matteo Renzi.

Se ne dicono tante su di lui: cambierà le cose, finalmente un carismatico, ci voleva proprio il rottamatore, l’asfaltatore (come si autodefinisce.

La speranza è che le cose appena elencate siano lo specchio della realtà, perché Renzi diventerà senz’altro premier e le conseguenze delle sue azioni ricadranno su tutti noi, nel bene e nel male. La speranza è che con l’accezione “nuovo” non si intenda -nemmeno lontanamente- quelle caratteristiche che venti anni fa vennero attribuite a Berlusconi. Probabilmente è così. Bisogna essere ottimisti e poi diciamocelo: le idee del sindaco fiorentino convincono seriamente.

Solo che il dubbio viene quando -andando un pelino più a fondo delle belle parole- si scopre che lo stesso Renzi, quando era Presidente della Provincia di Firenze, spese qualcosa come 20 milioni di euro per pranzi, viaggi e hotel tanto da essere stato condannato (sebbene in primo grado) dalla Corte dei Conti per danno erariale.

Si dirà: fanno tutti così, è la prassi. Appunto, la prassi, non il nuovo.

 

 

 

 

 

La coppia d’oro

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Non ce n’è per Bersani. Renzi stasera ha vinto il dibattito, come direbbero gli americani. Ha dato più risposte, l’ha fatto con concisione, coerenza e apparente onestà. Non che Bersani non l’abbia fatto, ma i suoi interventi sono stati spesso flaccidi e privi di contenuto: “vedremo un po’, faremo un po’, metteremo un po’…”. Non si può andare in guerra -ammesso che Bersani voglia gli oneri del bottino- con un po’ di pistole, un po’ di uomini, un po’ di viveri. Renzi stasera ha dimostrato di avere le idee più chiare: sulle alleanze dice no all’UDC, mentre Bersani è ancora indeciso; sui tagli alla politica vuole l’abolizione del finanziamento ai partiti, Bersani si aggira invece sul vago e cade sulla questione degli F35: “Direi a ad Obama…Oh vediamo che dobbiamo fare co’sti effetrentacinque qua!”. Al che Renzi gli risponde: “Siamo liberi di scegliere di non comprarli, siamo uno Stato indipendente!”.
Ad ogni modo anche Bersani ha detto delle cose belle convincendo. Il segretario ha parlato di scuola, dicendo che il suo governo vorrebbe “sistemare” il mondo dell’istruzione una volta per tutte, dando dignità agli insegnanti. La stessa dignità che affiderebbe -con la cittadinanza di diritto- ai nati in Italia da genitori stranieri.
La sensazione è di una non eccessiva distanza tra i due. Sono una coppia d’oro. Concertano su quasi tutto tranne che sul tema delle alleanze con gli altri partiti. Il fatto è che esprimono le idee in maniera talmente diversa che sembrano dire cose divergenti. Questo senz’altro favorisce chi comunica meglio, ossia Matteo Renzi. Ma attenzione alle apparenze.
Bersani ha la leggera melanconia del politico di vecchia scuola. Di quello che parla meno perché conosce gli scherzetti dietro alla politica. Quelli di cui si troverebbe vittima se vincesse. Renzi è diretto sicuro e simpatico quando serve, sguardo accattivante, giovane e stile americano, camicia bianca e cravatta che grida serietà, ma senza giacca, fresco e pimpante, in più pare avere delle idee! Stasera molti sostenitori di Bersani, pensando all’avversario, avranno sentito in fondo in fondo una vocina che diceva: “oh ragassi…ma è forte questo qua!”. 
Rimane quindi un dilemma a fine serata: È meglio affidarsi all’esperienza di Bersani? Oppure prendere (Adesso!) il treno di Renzi e mandare a quel paese tante facce di babbioni in andropausa? Fosse oro tutto ciò che luccica sceglierei la seconda!