Buon Lavoro a tutti

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C’è voluto un po’, ma alla fine è arrivato. Fiducia ottenuta, sia al senato che alla camera. Adesso al governo Letta non rimane che (far) lavorare. Con tutti i dubbi del caso sul funzionamento di un esecutivo di larghe intese rimane– almeno per una volta- quello spirito di ottimismo tipico di chi –come noi italiani- può solo chiedere più di quanto è stato fatto negli ultimi venti anni.

C’è bisogno di lavoro prima di tutto. Al di là delle retoriche sindacali che proprio oggi riempiono le piazze, il Paese ha un reale bisogno di respirare. Bisogna cominciare a responsabilizzare i giovani, i quali alla soglia dei trent’anni ( e anche oltre) rimangono  vittime – sotto l’ala dei genitori- dei sensi di colpa dovuti al fatto che anche i loro stessi genitori hanno il diritto di godere dei propri guadagni invece di consegnarli alla prole.

C’è bisogno di lavoro prima di tutto. Al di là del populismo fin a sé stesso dei penta stellati – che alimentano solo un clima di odio-i giovani in Italia, hanno la necessità vera ed urgente di avere una vita, perché se è vero che non hanno futuro, è vero anche che non hanno presente. Il tempo passa, e gli anni più belli si consumano a fare sacrifici: o sui libri, o sulle scrivanie da stagisti non retribuiti.

Il Governo ha una responsabilità enorme. Auguri, e buon lavoro a tutti.

Firmato, Un ottimista.

Non c’è più il futuro di una volta

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TRA POCHI MESI COMPIRÒ 26 ANNI, ALLA MIA ETÀ MIA MADRE ERA SPOSATA E LAVORAVA DA PIÙ DI 6 ANNI, AVEVA UNO STIPENDIO FISSO E UNA CASA IN COSTRUZIONE INSIEME A MIO PADRE, TANTI SOGNI E LA POSSIBILITÀ DI REALIZZARLI.
Io, ho passato 20 anni della mia vita per lo più a studiare. Studiare cose che a distanza di tanto tempo non ricordo più e devo recuperare a fatica dalle tante reminiscenze. Eppure mi era stato insegnato che lo studio e la preparazione pagano sempre. Mi sono adeguata alle “periodizzazioni” più strambe di anni scolastici che dicevano essere moderni e propedeutici all’impostazione universitaria, invece mi sono ritrovata a finire un liceo classico con vaghi ricordi di “esercitazioni di latino e greco” con i professori che giravano a turno.
Ho scelto l’università in un’età in cui pochi giovani possono sapere esattamente cosa vorranno fare da grandi e nessuno di essi è consapevole degli sporchi intrighi di un mondo del lavoro che non ci accoglierà mai! Ho provato a modellare la mia scelta tra piacere e possibilità lavorative, accettando la mia buona dose di fatica e di studio travagliato, ma adesso mi trovo comunque con prospettive future pari quasi a zero, a meno che io non voglia proseguire sui libri per qualche altro anno.
Come se non bastassero già i 20 lunghi anni passati a prendere voti, ad accettare giudizi, ad ingoiare obiezioni e frustrazioni. Come se non avessi già fatto la mia parte subendo tutti i giochi che hanno voluto imporci, i programmi ministeriali, le scadenze burocratiche totalmente inutili, le tesi e tesine che adesso marciscono negli archivi e i calcoli matematici con dei crediti che non serviranno a nulla perché saremo tutti “precari a vita” in questo paese. Come se non bastassero tutte le gobbe conquistate con prolungatissime schiene piegate sui libri, le vestaglie che ci hanno accompagnato per anni molto più di un abito da sera o di un costume sulla spiaggia, le ulcere e i malanni comparsi già a 20 anni, tutti i NO detti alla vita, alle amiche, al fidanzato e alla famiglia perché l’impegno allo studio è il primo (ed unico) contratto stipulato con noi stessi e con i genitori paganti…
D’accordo la cultura è per se stessi, ma in questo momento storico tanto abbrutito la realtà intorno mi ha insegnato che niente si fa per niente; dove ha sbagliato chi come me ha fatto tanto, gratuitamente e senza conti in tasca?

Clara Todaro