Oblivion

Praticare politica- gli studiosi ne sono ormai sicuri- potrebbe causare effetti collaterali che incidono pesantemente sulla corteccia cerebrale.

In particolare, la sindrome che spesso accomuna ministri, governatori e presidenti (da ora in poi ‘pazienti’) è quella dell’amnesia parziale o totale. Apparentemente i pazienti reagiscono a tutti gli stimoli in modo ineccepibile: preparano leggi, dibattono sui problemi sociali con compagni di partito, con gli avversari e con i giornalisti. Allestiscono campagne elettorali, amministrano città, regioni, o l’Intero Paese.

A nessuno verrebbe mai in mente il sospetto che queste persone possano essere affette da qualche tipo di patologia. Eppure questa è la triste realtà.

La loro bravura sta nel mascherarla bene, d’altronde le responsabilità che hanno nei confronti di chi li ha votati sono tante, e non potrebbero perciò permettersi di mostrare il tallone di Achille. Ma ormai la scienza è riuscita a far luce su di loro e sulla sindrome che spesso li accomuna.

I casi studio sono stati tanti d’altronde. Tra questi ad esempio ci sono il caso dell’ex ministro Claudio Scajola che dimenticò di essersi fatto comprare due terzi della sua casa da due costruttori che avevano beneficiato di due contratti senza gara dal suo ministero. Disse. “Io non ne son niente”.

E c’è anche il caso di Alemanno, che sullo scandalo di Mafia Capitale in cui è coinvolto dichiarò: “Ma io che c’entro? Io non conosco nessuno!”. Non era esattamente una bugia. Si era semplicemente dimenticato. Come anche Scajola. E’ una patologia. Mica gliene puoi fare una colpa? Come non si può incolpare Renzi che ha spodestato Marino da Roma per la questione degli scontrini, quando per primo lui era stato indagato per danno erariale dalla Provincia di Firenze. Lui tra pranzi e cene aveva speso dieci volte quello che ha speso Marino. Ma gliene vuoi fare una colpa? Anche Renzi se ne è dimenticato.

Adesso un caso freschissimo è al vaglio degli scienziati in Campania. Pare che Vincenzo De Luca, Governatore della Regione, sia coinvolto in uno scandalo. In sintesi tale Guglielmo Manna avrebbe chiesto al collaboratore di De Luca un posto di lavoro nella Sanità campana. In cambio avrebbe fatto sì che la moglie, la giudice Anna Scognamiglio provvedesse ad accettare il ricorso di De Luca contro la Legge Severino, legge che gli avrebbe impedito di Governare.

De Luca si dice estraneo alla vicenda. Ed è pure bello arrabbiato.

Si sta cercando di capire ora se dice la verità oppure se anche lui è stato colpito dall’amnesia del politico. In ogni caso non può avere colpa.

La colpa in genere è la nostra. Di noi che siamo i veri malati. Di noi che abbiamo una memoria lunga come un sorso d’acqua e che dimentichiamo tutto troppo in fretta.

Il carrozzone

 

Indiscrezioni provenienti dai cantieri del Carnevale di Viareggio fanno sapere che Renzi si è guadagnato un posto tra i famosi carri allegorici della città toscana. D’altronde ora è un vero big.

Di strada ne ha fatta Renzi, ha avuto la pazienza di aspettare sulla rive del suo fiume i cadaveri dei suoi nemici passare. Ed ora è il suo turno. Non si discute. Il Sindaco di Firenze però sta commettendo degli errori di cui forse non si rende conto. Dal “Fassina chi”? all’incontro con Berlusconi dell’altro giorno sulla legge elettorale.

Questo incontro non avrebbe mai dovuto esserci. In passato ad Arcore con il Cavaliere c’era già stato, ma Renzi all’epoca era in piena scalata, e Berlusconi ricopriva la carica di Premier. Quello sì che era -per quanto la sinistra protestasse- un incontro giusto (o giustificato). Ma adesso Renzi -che con ogni probabilità succederà a Letta per Palazzo Chigi- è andato a trattare una questione che riguarda la rappresentatività  degli italiani con un condannato che aspetta i servizi sociali. Non va bene.

Si capisce bene che Renzi con questa mossa abbia voluto ben apparire agli occhi degli elettori di Forza Italia. Ed è pur vero che per vincere elezioni servono i voti. Ma i voti si perdono anche e si fa presto poi a consolarsi tra il carrozzone della politica al Carnevale di Viareggio.

Renzi non sia la deriva di sé stesso

 

Malgrado una discreta resistenza il Governo Letta è destinato a decadere entro breve. E’ un processo del tutto naturale dal quale i non leader non possono scampare.

L’attuale Presidente del Consiglio ci ha provato con la sua mitezza a tenere il timone, ma l’Italia è una nave troppo pesante da governare, ha bisogno di braccia forti per essere sostenuta e di forte questo governo ha ben poco, poiché la maggioranza di cui gode viene dai soli rappresentanti politici del Paese, non dal Paese stesso.

L’Italia ha bisogno di un leader. Uno vero,  come è stato ad esempio Silvio Berlusconi (ma il Cielo scansi da noi un suo ritorno in forme originali o riprodotte in chissà quale reincarnazione). Un leader alla Bergoglio, uno che riesca a vivere della sua funzione sociale e non per ciò che è nella vita privata.

Matteo Renzi potrebbe essere la persona giusta. Non è un santo, certo (è condannato in primo grado per danno erariale), ma in questo momento è un numero uno. Un politico che ha muscoli a sufficienza per virare nella giusta direzione e per radunare un largo equipaggio attorno a sé e portare la nave in acque calme.

Ma c’è un rischio, che per certi versi trova le sue origini nello sberleffo offerto a Fassina con quel “Fassina chi?” di una settimana fa. Il rischio di passare da leader acclamato a leader temuto.

Non è difficile immaginare infatti che -in un futuro non troppo lontano, quando Renzi sarà Premier- i suoi contestatori si guardino bene dal manifestare il proprio dissenso verso di lui per timore di essere liquidati alla stregua dell’ormai ex viceministro dell’economia.

Renzi non deve permettere questo. In democrazia il confronto e il rispetto sono le basi per qualsiasi tipo di azione. Che sia un grande leader e non la deriva di sé stesso, tanto meno della nave che si appresta a governare.

Adesso (?)

 

Insomma, alla fine ce l’ha fatta. Renzi è divenuto il nuovo segretario del Partito Democratico. Tra non molto diventerà premier e questo noi (elettori) lo sappiamo. Ma lo sa bene anche lui, che -consapevole del suo consenso- non vuole mettere fretta a nessuno e dice: “sosterremo ancora il governo Letta”.

Di tutto si può dire su Matteo Renzi tranne che non sappia aspettare. Stava lì dietro l’angolo da tempo, in disparte a commentare gli errori di altri con la veste da moralizzatore della politica e alla fine te lo vedi spuntare al posto giusto e sempre con le parole giuste.

Di parole giuste se ne dicono tante (in politica poi..) ma adesso il sindaco di Firenze dovrà dimostrare di saper fare davvero qualcosa. I presupposti ci sono tutti. Anche se non è lo stinco di santo che vuole far credere (ha una condanna in primo grado per danno erariale ed ha prosciugato molti soldi della Proivincia di Firenze per spese discutibili) potrebbe essere lui la persona adatta a guidare il Paese.

Lo è per il semplice fatto di avere buone idee e di godere di un largo appoggio elettorale: da una parte la sinistra che voterà sempre e comunque per il Pd e dall’altra i delusi della destra, che vedono in lui il nuovo Berlusconi (questi senza un riferimento che riecheggi il volto o il nome del Cavaliere non ci vanno nemmeno a votare).

Renzi potrebbe essere  la risposta alla generazione di quarantenni piagnucoloni che hanno contribuito a rendere il Paese peggiore, o la risposta alla sinistra radical chic che si riempie la bocca con filosofi e le mani di aria fritta.

Ma quello che dovrebbe essere realmente Renzi ora, è la risposta a questo ventennio (e forse di più) di fanta politica. Adesso -come recitava il suo slogan- è tempo di fare.

Beautiful Berlusconi

 

Dubito fortemente che le cose da stasera possano essere diverse . Del resto non sono abituato al cambiamento. Come non lo sono milioni di italiani che da quasi trent’anni tra Tangentopoli e Seconda Repubblica guardano e riguardano sempre il solito film.

E’ vero,a volte entriamo nella sceneggiatura, facendo la parte di chi si sveglia la mattina e va a protestare contro la “casta”, contro “i politici porci”, contro il “magna magna”. Ma poi dopo qualche città bruciata o qualche monumento imbrattato torniamo a casa. Torniamo in noi. E non cambia niente: vediamo le senatrici in nero in segno di lutto, i comizi davanti ad improbabili signori della terza età pagati per stare avvolti nella bandiera del Popolo della Libertà (ops… ora le bandiere sono quelle di Forza Italia, sì, come quelle del 1994).

E’ un post pessimista questo, perché se è vero che anche i film più lunghi poi finiscono è vero anche che Berlusconi assomiglia più ad uno di quegli attori di Beautiful: muore tante volte e resuscita -non si sa come- ogni santa volta.

Quando bisogna fare gli uomini

 

Siamo abituati sin da piccoli a fumare di nascosto, a sbirciare dal buco della serratura, a fare filone a scuola.

E’ un’attitudine -quella della trasgressione- che ci portiamo avanti per tutta la vita. Chi non trasgredisce alla fine è un po’ represso e finisce per fare danni a sé stesso e agli altri. E’ ovvio allora che a trasgredire -in diversa misura- trasgrediamo tutti.

La trasgressione si sa, è causa di danno: se tradisco la mia compagna lei sarà ferita, viceversa lo sarei io. Ciononostante  la trasgressione non la puoi fermare (a meno che la vita che hai ti appaghi in tutto e per tutto). E se fumare una sigaretta a dodici anni è tutto sommato una cosa innocua, diverso è se ti ritrovi ad essere il regista di un sistema prostitutivo chiamato “Bunga Bunga” mentre fai il Presidente del Consiglio. Così è stato per Silvio Berlusconi.

Lui dopo essere stato condannato a sette anni dalla quarta sezione penale di Milano per concussione e sfruttamento della prostituzione minorile si dice ” ferito come uomo e come politico”.

Ora, che Berlsuconi fosse infelice questo l’abbiamo capito. Per questo -da uomo- lo si deve comprendere, persino giustificare.

Come politico, forse non è mai valso più di una cippa.

Forse adesso è tardi per recuperare, ma per una volta il Cavaliere, smetta di fare il politico e faccia l’uomo. Nessuno gli verrà a fare la morale.

I vermi

 

Sul caso Ligresti- Cancelleri se ne sono dette tante, ora emerge che pure il marito della ministra telefonava a Don Salvatore ed aveva rapporti con la famiglia. Continuiamo a ripeterci: “in Germania si dimettono per una multa non pagata, qui invece rimangono tutti incollati alla poltrona…bla bla bla” e giù col fiato sprecato. Fia- to spre -ca- to!

In un Paese in cui (se ti chiami Berlusconi) per rendere applicata una sentenza della Cassazione bisogna aspettare non si sa quanto passando tra intrallazzi parlamentari e voti sulla decadenza, ogni nostra parola è aria fritta. Possiamo dire quello che vogliamo ma -purtroppo- riceveremo indietro solo qualche vaga eco delle nostre lamentele.

Manca l’etica. Ecco. La Cancellieri avrebbe fatto una figura migliore se si fosse dimessa. L’avremmo capita (forse inteneriti dal suo viso da nonnina) e saremmo andati avanti magari con la speranza che se la mela è marcia prima o poi viene buttata. Invece niente. Utopia pura sperare in questo. Dobbiamo accontentarci dei vermi.

La prassi dei rottamatori

 

Eccolo qui. Il passaggio è qui davanti a noi. Ci si prepara ad una nuova discesa in campo che probabilmente arriverà formalmente nel 2014. Venti anni dopo il 1994. Allora era Silvio Berlusconi il nuovo. Adesso(!) è Matteo Renzi.

Se ne dicono tante su di lui: cambierà le cose, finalmente un carismatico, ci voleva proprio il rottamatore, l’asfaltatore (come si autodefinisce.

La speranza è che le cose appena elencate siano lo specchio della realtà, perché Renzi diventerà senz’altro premier e le conseguenze delle sue azioni ricadranno su tutti noi, nel bene e nel male. La speranza è che con l’accezione “nuovo” non si intenda -nemmeno lontanamente- quelle caratteristiche che venti anni fa vennero attribuite a Berlusconi. Probabilmente è così. Bisogna essere ottimisti e poi diciamocelo: le idee del sindaco fiorentino convincono seriamente.

Solo che il dubbio viene quando -andando un pelino più a fondo delle belle parole- si scopre che lo stesso Renzi, quando era Presidente della Provincia di Firenze, spese qualcosa come 20 milioni di euro per pranzi, viaggi e hotel tanto da essere stato condannato (sebbene in primo grado) dalla Corte dei Conti per danno erariale.

Si dirà: fanno tutti così, è la prassi. Appunto, la prassi, non il nuovo.

 

 

 

 

 

Decadente

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Berlusconi non sarà più un senatore, non farà più politica, almeno nel parlamento della Repubblica Italiana.

Cosa altro aggiungere dopo la decisione della Giunta per le Elezioni del Senato? Anche se per ora è solo una proposta da sottoporre al Parlamento, sembra quasi impossibile che sia successo. Sembra una finzione.Nemmeno i giornali danno alla notizia il clamore che meriterebbe. Pare che nessuno voglia fare troppo rumore. Come se, risvegliandosi da un brutto sogno, uno voglia vedere cosa succede dopo: se continua l’incubo o se si torna alla vita, quella vera.

La storia di Silvio Berlusconi è parte della storia italiana e quella non andrà mai via e la storia ci dirà se è stato davvero un uomo giusto o sbagliato.

Forse da domani cambierà la politica, forse è già cambiata, forse non cambierà proprio un bel niente o non è mai cambiato, ma l’occasione di prendere strade diverse dal passato, quella sì ce l’abbiamo. Perciò -senza tanto rumore e sapendo che mancherai tanto al Corsivista per le infinite ispirazioni che ci hai offerto- Silvio addio!

M5S is not the winner

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“Al-Fini is not the winner”. Di tutta la giornata di oggi, in cui sono state fatte più retromarce che in un parcheggio a labirinto, è questa l’estrema frase-sintesi di ciò che è la politica italiana.

A pronunciarla è stata una signora del bon ton, l’On. Alessandra Mussolini. Voleva dire: “E’ inutile che Alfano fa il figo alzando la cresta, perché gliela facciamo abbassare noi (dove “noi” sta per i fedeli a Silvio Berlusconi).

Per chi non avesse colto la finezza storico-politica, Alfano è stato paragonato a Fini (ve lo ricordate Fini?) che abbandonò Silvio perché aveva idee diverse dalle sue. Inutile dire che la sua carriera politica ebbe fine.

Da qui una considerazione: va bene attaccare chi -appartenendo ad un partito diverso- ha idee differenti dalle proprie, fa parte della politica. Ma evidentemente ci dev’essere un’attitudine -piuttosto diffusa nei Palazzi del potere di Roma- a denigrare l’alleato che cambia direzione, come se tutti dovessero seguire non un’ideologia politica, ma un dogma religioso.

Anche oggi al Senato un episodio che rende bene l’idea. La Senatrice Paola de Pin ha deciso in mattinata di accordare la fiducia al Governo Letta. Risultato? L’hanno minacciata con queste parole: “Ti aspettiamo fuori”.

Per chi non lo sapesse la de Pin è una Senatrice del Movimento Cinque Stelle. Sì, sì, proprio loro, quelli del cambiamento.